Il mondo delle diete è vasto e in continua evoluzione, con nuovi regimi alimentari che emergono regolarmente promettendo risultati rivoluzionari. Ma come si confrontano queste diete tra loro e quali sono i benefici e i rischi associati a ciascuna di esse? In questo articolo metteremo alcune delle più popolari diete a confronto, basandoci sui più recenti studi scientifici.
Dieta Dukan
La prima dieta del nostro confronto è la Dukan, ideata dal Dr. Pierre Dukan, che è diventata famosa per la sua enfasi sul consumo di proteine. Si basa su quattro fasi: attacco, a base di sole proteine, crociera, con proteine alternate a verdura, consolidamento e stabilizzazione.
Mentre molte persone hanno riportato una perdita di peso significativa seguendo questo regime, è lecito sollevare preoccupazioni riguardo ai potenziali rischi per la salute.
Nelle diete sbilanciate la perdita di peso è spesso temporanea e i suoi benefici tendono a svanire quando, inevitabilmente, si introducono nuovamente i carboidrati.
La dieta Dukan può infatti portare a un’alterazione della flora intestinale e aumentare il rischio di insufficienza renale. Quanto alla perdita di peso, questa è spesso temporanea e i suoi benefici tendono a svanire quando, inevitabilmente, si introducono nuovamente i carboidrati.
Infine, questa dieta può avere un effetto subdolo dal punto di vista psicologico: disturbi alimentari latenti possono emergere per via della sua visione radicale, che tende a demonizzare intere categorie di alimenti, portando a un’attenzione ossessiva e malsana verso l’alimentazione.
Dieta Chetogenica
Al contrario di quanto spesso si sente raccontare in modo superficiale, la dieta “keto” (come viene spesso chiamata) non è una dieta iperproteica, dato che prevede una quantità di proteine tra il 15 e il 25% al massimo. Sono i grassi invece a farla da padroni, con una quota che può arrivare al 70% – 80 %, mentre i carboidrati, compresi quelli presenti nelle verdure, sono praticamente banditi. A causa della drastica riduzione dei carboidrati, il corpo inizia a utilizzare il grasso per produrre chetoni, che diventano la fonte principale di energia per il cervello e il corpo in generale. Se la dieta è ipocalorica, dopo aver consumato i grassi introdotti con l’alimentazione, verrà utilizzato il grasso accumulato nelle riserve, determinando un effettivo dimagrimento.
La dieta, che ha un approccio molto radicale, nasce in ambito terapeutico per affrontare condizioni cliniche specifiche, come l’epilessia farmaco-resistente o per intervenire in modo rapido in caso di operazioni chirurgiche in presenza di obesità.
A confronto con tutte le altre diete, quella chetogenica è una dieta squilibrata, con importante carenza di vitamine e minerali, poco sostenibile nel medio-lungo periodo. La reintroduzione inevitabile di carboidrati può poi portare ad un effetto “rimbalzo” con incremento di peso, gonfiore ed edemi e finisce sovente per richiedere una dieta di reinserimento glucidico gestita in modo estremamente preciso da specialisti.
Dieta a Zona
La terza dieta a confronto è la dieta a Zona, ideata da Barry Sears, si concentra sull’ipotetico mantenimento di un equilibrio ormonale attraverso la dieta. Questo equilibrio si ottiene consumando cinque pasti al giorno e mantenendo il rapporto tra le calorie apportate da carboidrati, proteine e grassi nella percentuale del 40-30-30.
La dieta è nata come strumento di prevenzione per persone gravemente compromesse dal punto di vista cardiovascolare e ha l’indubbio vantaggio di controllare i picchi insulinici, attraverso l’eliminazione dei cibi ad alto indice glicemico, e di controllare l’infiammazione, grazie a un’integrazione con gli acidi grassi insaturi.
La dieta a zona, nella sua proposizione iniziale più diffusa, è però fortemente ipocalorica e può risultare troppo restrittiva per chi parta da un lieve sovrappeso o svolga attività sportiva. In queste condizioni il dimagrimento che si ottiene è ottenuto a spese anche dei tessuti muscolari e dei liquidi cosicché, dopo una certa efficacia iniziale, può seguire una fase di stanchezza generalizzata con recupero dei chili persi.
Dieta Paleo
La dieta paleolitica si ispira all’alimentazione dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori, privilegiando alimenti naturali e non processati e con un’alta quantità di proteine e fibre, ed eliminando cibi altamente trasformati, zuccheri aggiunti, cibi confezionati e alimenti industriali, che hanno effetti infiammatori. Promuove inoltre cibi con un basso indice glicemico, il che può contribuire a controllare i livelli di zucchero nel sangue e migliorare la sensibilità all’insulina.
Escludendo importanti gruppi alimentari come latticini, cereali integrali e legumi, può tuttavia portare a carenze di nutrienti, inclusi i carboidrati complessi, che rappresentano il carburante principale dell’organismo. Richiede inoltre una notevole pianificazione, non sempre facile da mettere in campo se si ha una vita dinamica e ricca di impegni.
Dieta Mediterranea
La dieta mediterranea, ispirata alle abitudini alimentari dei paesi del bacino del Mediterraneo, enfatizza il consumo di alimenti dagli effetti anti-infiammatori. È associata a una riduzione del rischio di malattie cardiache e di ictus, essendo ricca di antiossidanti, vitamine, minerali e acidi grassi omega-3 provenienti da alimenti come olio d’oliva, pesce, frutta, verdura, noci e legumi.
A causa della quota non trascurabile di carboidrati, la dieta mediterranea può essere eccessivamente sbilanciata su questi ultimi, creando piatti a medio-alto carico glicemico, che possono causare un’eccessiva attivazione dell’insulina.
Una dieta di rotazione personalizzata
La dieta di rotazione è alla base della metodologia GEK Lab e parte dalla corretta tripartizione dei nutrienti nei pasti, seguendo i principi della Harvard Medical School che prevedono l’inserimento di proteine, carboidrati e vegetali ad ogni pasto, prima colazione compresa. L’obiettivo è ridurre lo stato infiammatorio che la ripetitività alimentare genera e che compromette la capacità di perdere peso e favorisce l’accumulo di grasso.
Gli alimenti sono classificati in cinque grandi gruppi alimentari (latte, frumento e glutine, lieviti e prodotti fermentati, nichel e oli cotti) in base al modo in cui vengono riconosciuti dal nostro sistema immunitario.
Una volta misurata tramite test di laboratorio l’infiammazione correlata a uno o più gruppi alimentari, viene elaborata una dieta personalizzata che riduce (ma non elimina) l’assunzione di tali alimenti, per poi reintrodurli gradualmente.
Questo principio consente di modulare l’infiammazione e contemporaneamente di evitare diete ipocaloriche e insostenibili sia dal punto di vista fisiologico che psicologico, rendendola non una “dieta” intesa come rinuncia, ma una sana abitudine nutrizionale da mantenere nel tempo.
Conoscere esattamente quale sia il proprio profilo alimentare e quali siano i propri livelli di infiammazione è il punto di partenza per iniziare una dieta di rotazione su base individuale, senza inutili restrizioni.
Attraverso l’effettuazione di test come il PerMè Test (che valuta l’infiammazione sia da zuccheri che da alimenti) è possibile valutare quali cibi consumati in eccesso debbano essere modulati nella propria alimentazione.
Conoscere quale possa essere la causa di una difficoltà a perdere peso e avere una guida personalizzata sulle individuali risposte infiammatorie, indicata nel referto del PerMè Test, può essere la strategia vincente per rimettersi in forma e potenziare, allo stesso tempo, il proprio sistema immunitario.
Conclusione
Le diete possono avere un impatto profondo sul nostro benessere. Tuttavia, è fondamentale consultare professionisti della salute prima di apportare cambiamenti significativi al proprio regime alimentare. La chiave è trovare un equilibrio che si adatti alle esigenze individuali e promuova una salute ottimale a lungo termine.
A cura della Redazione Scientifica GEK Lab